La forma 'scusi' è usata come imperativo formale, mentre 'scusa' è l'imperativo informale. Questo deriva dalla coniugazione del verbo 'scusare' all'imperativo: 'tu scusa' (informale) e 'Lei scusi' (formale). La confusione nasce dal fatto che queste forme sono spesso scambiate per il presente indicativo.
'Con' è la preposizione semplice, mentre 'col' è la contrazione informale di 'con il'. Nella scrittura formale, è preferibile usare 'con il', mentre 'col' è comune nel parlato informale.
La D eufonica si aggiunge alle congiunzioni 'e' e 'a' quando sono seguite da una vocale identica, per migliorare la fluidità della pronuncia. Ad esempio, 'a Anna' diventa 'ad Anna' e 'Anna e Enrico' diventa 'Anna ed Enrico'. Tuttavia, il suo uso è limitato nell'italiano contemporaneo per evitare pesantezza.
'Aver bisogno' è una struttura composta dal verbo 'avere' seguito da un sostantivo, mentre 'aver saputo' è l'infinito passato del verbo 'sapere', formato dall'ausiliare 'avere' e dal participio passato 'saputo'.
'Parere' può essere usato come sostantivo per indicare un'opinione o come verbo per esprimere un giudizio o un'impressione. Ad esempio, 'Che te ne pare?' significa 'Cosa ne pensi?', mentre 'Mi pare una bella canzone' significa 'Mi sembra una bella canzone'.
Sì, il passato remoto è ancora ampiamente utilizzato, specialmente nella lingua scritta e nella narrativa. È più comune nel centro-sud dell'Italia, ma è importante per gli studenti di livello intermedio avanzato riconoscerlo e comprenderlo.
'Ovvero' è una congiunzione esplicativa che significa 'cioè' o 'vale a dire'. Viene usata per chiarire o spiegare ulteriormente un'affermazione precedente.
Il verbo 'aiutare' è transitivo e richiede un pronome oggetto diretto. 'Lo' è il pronome diretto per 'lui', mentre 'gli' è un pronome indiretto che significa 'a lui'. Pertanto, la forma corretta è 'lo aiuto'.
Ciao a tutti e benvenuti ad un nuovo episodio del podcast. Oggi vorrei fare una sessione di domande e di risposte di grammatica, perché negli ultimi giorni ho raccolto delle domande molto interessanti e molto
specifiche che vanno molto nel dettaglio della questione e quindi ho pensato che potessero essere interessanti da includere in un video così come questo di oggi, perché magari le risposte possono esservi utili. Direi di iniziare subito. Apro le danze con la prima domanda che riguarda le forme verbali
"scusi" e "scusa", quando chiediamo scusa o scusi a qualcuno, no? E dobbiamo scegliere se usare la forma di cortesia oppure no. La domanda però non ha a che fare con il registro linguistico, ma con la coniugazione del verbo. E adesso capirete perché. Vi leggo la domanda. Ciao Lucrezia, sto imparando l'italiano da alcuni mesi.
Sapevo già che ci sono due parole in italiano per dire "sorry", ma ho pensato che "scusi" fosse la forma informale, mentre "scusa" la forma formale. Oggi ho scoperto che è esattamente il contrario. Devo impararlo a memoria o puoi spiegarmi perché è così? Perché non ha alcun senso per me. Grazie per la domanda.
e spero che quando avrò risposto alla domanda tutto avrà molto più senso, perché c'è una spiegazione logica a tutto questo. Partiamo dalla coniugazione del verbo "scusare" al presente indicativo. Io scuso, tu scusi.
Lui/lei scusa, noi scusiamo, voi scusate, loro scusano. E fin qui non ci sono problemi, questa è la coniugazione del verbo "scusare" al presente indicativo. Qual è però il punto della questione? Il punto della questione è che quando noi diciamo "scusi", "scusa",
per chiedere appunto "sorry" oppure "excuse me", non stiamo usando il presente indicativo. La forma verbale che noi usiamo per dire "scusi" o "scusa" è l'imperativo, perché noi chiediamo a quella persona di essere scusati in qualche modo, no? Quindi io dico: "tu scusa me"
Lei, formale, forma di cortesia, scusi me. Quindi è la forma imperativa che usiamo. Va bene? Quindi spero che adesso tutto abbia più senso.
Perché il problema sorge nel momento in cui noi pensiamo che stiamo usando il presente indicativo. Passiamo alla domanda successiva. "Ciao Lucrezia, c'è differenza tra col e con?" Allora, sì c'è differenza perché "con" è la preposizione semplice, "con".
Al contrario, "col" è la preposizione articolata, è la contrazione tra la preposizione semplice "con" e l'articolo determinativo singolare maschile "il". Questa forma contratta, però, è tipica del parlato informale, perché se andiamo a vedere le regole grammaticali,
La preposizione "con" non forma una parola unica quando diventa preposizione articolata, come succede invece per "in" o "da", eccetera. La preposizione "con" rimane staccata dagli articoli determinativi, quindi dobbiamo sempre scrivere "con il", "con la".
"con", "le", eccetera. Cosa succede quando parliamo? Quando parliamo a volte ci mangiamo le lettere e quindi se dico velocemente "con il", "con il", "con il", "col", "col", la "n" sparisce un po', quindi a volte viene
"contratto" tutto e si dice "col". Quindi se dovete scrivere, per esempio, in un compito in classe o in un esame all'università, scrivete "con il" staccato.
Ok? Potete usare "call" nella conversazione informale, va bene? La domanda successiva è questa: quando usiamo la D eufonica? Allora, la D eufonica si aggiunge alla congiunzione "e",
e alla preposizione semplice "a" per creare un suono più armonico, quindi per modificare la pronuncia quando ci sono due vocali consecutive. Queste due vocali però devono essere uguali, quindi dobbiamo avere due "e" oppure due "a".
per poter mettere la D eufonica. Per esempio, in una frase come "do un fiore a Anna", vedete che la mia pronuncia si blocca quasi? "A Anna".
E quindi per creare una pronuncia più continua, per dare più fluidità alla frase, in questo caso, perché ci sono due vocali uguali consecutive, posso aggiungere la D eufonica e quindi il risultato è "do un fiore ad Anna". Stessa cosa se dico "Anna e Enrico sono simpatici".
Per rendere la pronuncia più fluida dico "Anna ed Enrico sono simpatici". Perché anche qui abbiamo due vocali consecutive, ma sono uguali, è sempre la vocale "e". Quindi questi sono i contesti in cui usiamo la "d" eufonica.
Quando ci sono due vocali consecutive uguali, quindi o due "a" oppure due "e", usiamo la dieufonica. Ci sono ovviamente delle eccezioni, perché alcune strutture sono diventate fisse, se vogliamo. Quindi una serie di parole si è lessicalizzata ed è diventata una frase fissa. Ad esempio, la struttura "ad esempio".
Non ci sono due vocali uguali, però, perché la lingua ci sorprende ogni tanto, ad esempio è diventata una struttura fissa. Come anche "fino ad ora".
Fino ad ora anche questa è diventata una struttura fissa. Quindi ci sono alcune strutture fisse che sono sempre così, ma quelle possiamo memorizzarle così come sono e esulano dalla regola, va bene? Appunto, sono eccezioni.
Quindi nell'italiano contemporaneo è meglio evitare la D eufonica ogni qualvolta ci siano due vocali consecutive, perché la lingua diventa molto pesante. Mettiamo la D eufonica solamente come regola quando le due vocali consecutive sono uguali, quando sono la stessa vocale, quindi E E A.
A volte in alcuni scritti, però forse un po' vecchi, troverete anche la D eufonica accostata alla congiunzione "o", ma nell'italiano contemporaneo "od" non si dice, è completamente caduto in disuso. Va bene?
Allora, la domanda successiva è questa: di quale forma della grammatica si tratta nel caso di "aver bisogno", "aver saputo" e simili? Allora, qui c'è un po' di confusione, perché "aver bisogno" e "aver saputo" sono due cose diverse.
"Aver bisogno" è la struttura "avere + nome", quindi avere bisogno di qualcosa, avere voglia di qualcosa.
Quindi è semplicemente il verbo "avere" più un nome, un sostantivo. Invece "aver saputo" è l'infinito passato del verbo "sapere". Quindi abbiamo l'ausiliare "avere" più il participio passato del verbo "sapere", "aver saputo". Stessa cosa se dico "aver
"fatto" è l'infinito passato del verbo "fare". Quindi ho l'ausiliare "avere" all'infinito più il participio passato del verbo "fare". Nel caso di queste forme si tratta dell'infinito passato. Domanda successiva: "Ciao, come si usa la parola 'parere'? Non riesco ad usarla". La parola "parere" è
un sostantivo e un verbo. Come sostantivo significa "opinione", quindi per esempio io posso dirvi: "Voglio sapere il vostro parere su qualcosa". Sto dicendo che voglio sapere la vostra opinione su qualcosa.
Quando usiamo la parola "parere" come sostantivo è un sinonimo di opinione. Invece quando usiamo "parere" come verbo è un sinonimo di giudicare. Quindi sempre comunque legato all'idea di dover dare un'opinione, no? Perché se io dico: "Che te ne pare?"
Sto chiedendo: che ne pensi? Qual è il tuo giudizio su questa cosa? Posso usare il verbo "parere" anche come sinonimo di "sembrare", perché io posso dire: mi sembra una bella canzone.
"Mi pare una bella canzone", quindi in qualche modo anche qui sto dando una mia opinione, sto dicendo che cosa penso della canzone. Se invece uso questo verbo alla forma impersonale e dico "pare che", sto dicendo "sembra che", sto facendo una supposizione, non ho la certezza di quello che dico, ma
Sto facendo una supposizione. Sembra che... Domanda successiva: è vero che il passato remoto non viene più utilizzato? Grazie. No, non è vero. Il passato remoto è un tempo verbale molto usato, soprattutto nella lingua scritta, quindi aprite un romanzo e troverete il passato remoto come tempo della narrazione al passato. E anche nella lingua parlata,
il passato remoto viene utilizzato. Possiamo dire che il passato remoto è molto più utilizzato nel centro-sud del paese che nel centro-nord dell'Italia. Questo non significa che non sia utilizzato. Il passato remoto è un tempo molto importante che credo fortemente vada studiato, ovviamente ad un livello intermedio avanzato, certamente.
Non lo farei mai studiare a un principiante, no? Però a un livello intermedio avanzato sì, perché nel momento in cui uno studente intermedio avanzato vuole leggere un libro in italiano, un romanzo italiano, incontrerà sicuramente il passato remoto e quindi
perlomeno deve essere in grado di riconoscerlo. Secondo me non è un obbligo che uno studente di italiano debba usare il passato remoto, quello può arrivare ad un livello molto avanzato magari, però uno studente di livello intermedio deve sicuramente essere in grado di riconoscere la forma verbale.
di riconoscere la forma del passato remoto quando la legge, ma anche quando la ascolta. La domanda successiva è questa: che significa "ovvero"? Vedo questa parola piuttosto spesso in italiano scritto. "Ovvero" significa "cioè". È una congiunzione che ha un valore esplicativo, quindi serve a spiegare l'affermazione precedente.
Se io dico una cosa e poi dico "ovvero", cioè vale a dire in altre parole, poi dovrò spiegare meglio in altre parole quello che ho appena detto. Allora, vediamo l'ultima domanda per oggi.
Perché diciamo "lo aiuto" e non "gli aiuto"? Analizziamo il verbo. Il verbo è "aiutare". Il verbo "aiutare" è un verbo transitivo. Che vuol dire? Vuol dire che regge un oggetto diretto, quindi significa che
Tra il verbo e l'oggetto non c'è una preposizione. Per questo motivo con il verbo aiutare possiamo usare solamente un pronome diretto, in questo caso "lo aiuto". Non posso usare "gli" perché "gli" significa "a
"lui". C'è la preposizione "a", perciò il pronome "gli" sostituisce un complemento oggetto indiretto. Per sapere quando usare i pronomi oggetto diretti e indiretti, dobbiamo prima analizzare il verbo, come sempre. Anche con le preposizioni a volte dobbiamo analizzare il verbo e il verbo ci dirà tutto ciò che dobbiamo sapere.
Va bene? Quindi in questo caso devo dire "lo aiuto", perché "aiutare" è un verbo transitivo. E quindi con i verbi transitivi usiamo i pronomi diretti. Questo è tutto per l'episodio di oggi. Grazie mille per la vostra attenzione e noi ci sentiamo nel prossimo episodio. A presto, ciao!